ULTIME RIFLESSIONI

settembre 4th, 2012

Stiamo vivendo un’ennesima, ciclica, crisi economica oppure una crisi del nostro modello di sviluppo?
Un modello di sviluppo fondato sull’esclusione piuttosto che sulla partecipazione in quanto basato sulla lotta all’accaparramento delle risorse, fra l’altro sempre più scarse.

La nostra speranza per il futuro è che possa superarsi il condizionamento culturale che ci ha portati a ritenere la sopravvivenza della specie strettamente collegata ad una lotta degli uni contro gli altri per l’accaparramento delle risorse; nella convinzione che fosse premiante, in un percorso evolutivo, un atteggiamento egoistico destinato a selezionare il più forte.

Charles Darwin in realtà ci ha insegnato che non è né il più forte né il più intelligente a sopravvivere; bensì chi si adatta meglio al cambiamento. I più recenti studi sull’evoluzione dimostrano che non sempre prevale il migliore in Natura, ma chi ha maggiori capacità di adattamento.

Avere la capacità di non identificare le idee con noi stessi, ma modificarle ed adattarci ai cambiamenti dell’ambiente circostante, consente di avere un potenziale evolutivo molto maggiore.

Albert Einstein affermò che non si può risolvere un problema con lo stesso livello di consapevolezza che lo ha originato. Il nostro scopo è quello di stimolare la formazione di un nuovo livello di consapevolezza: le soluzioni ai problemi del mondo di oggi non possono essere fornite dall’economia consumistica, che oltretutto li ha in gran parte generati: noi riteniamo che possano essere risolti soltanto da un nuovo modello sociale fondato sulla partecipazione collaborativa.

Si è detto che un’eventuale rivoluzione culturale in senso partecipativo non potrebbe essere imposta dall’alto, ma dovrebbe avvenire dal basso, dalla presa di coscienza di ciascuno di noi, ed è per questo che è fondamentale l’impegno di tutti noi, in modo partecipativo, nella divulgazione di questa consapevolezza e nella creazione di un ambiente sociale in cui la collaborazione possa prosperare. L’esito finale dipenderà dalla capacità di ognuno di noi di mettersi in discussione: non avere vedute troppo ristrette, non essere gretti, essere generosi, ottimisti e disposti a perdonare.

Una delle terapie cliniche spesso consigliate ai pazienti affetti da depressione è quella di svolgere un’attività collaborativa. Secondo Émile Durkheim (1858-1917), considerato uno dei padri fondatori della sociologia moderna, il morale delle persone dipende dal senso di appartenenza ad una determinata comunità, al senso di radicamento; la condizione di anomia è tipica di quegli individui che si sentono esclusi, che non ricevono riconoscimento, e tale condizione si manifesta in un senso di sradicamento e disorientamento. Gli individui possono interiorizzare l’esclusione fino a ritenere di non avere diritto alla considerazione altrui.

Secondo Richard Sennett il senso di appartenenza può essere conquistato con l’auto consapevolezza di ciò che si e’, con la scoperta della propria identità, attraverso la valorizzazione delle proprie tradizioni, dei rituali culturali e sociali, delle ricorrenze: insomma attraverso la riscoperta delle proprie radici.

Tutti questi fattori permettono di accrescere l’auto consapevolezza ed il senso di appartenenza ad una determinata comunità e, di riflesso, di far aumentare l’approccio collaborativo nei rapporti umani riducendo conseguentemente l’atteggiamento conflittuale.

Queste considerazioni ci portano a questa riflessione finale: in un sistema sociale ideale si dovrebbero valorizzare i localismi, le culture locali, non per dividere o disgregare i vari popoli, bensì per unirli. Esaltare dunque i localismi come fattore aggregante finalizzato alla formazione di un sentimento di unione planetaria. Perciò localismo e globalismo dovrebbero percorrere strade parallele.

Analogamente le differenze individuali, culturali, razziali, religiose e quant’altro, andrebbero viste come delle risorse, come una potenzialità per la collettività, come un contributo per migliorare la comunità per il bene di tutti.

Il principio di complementarietà d’altronde insegna che le polarità non si devono vedere in contrapposizione fra loro, bensì complementari.

Recensione pubblicata on line del film di Helena Norberg-Hodge “L’Economia della Felicità”:

In una delle più alte regioni dell’Himalaya, chiamata Ladakh, ogni individuo partecipa e contribuisce al benessere della comunità. Vitali e socievoli, con radici ben piantate in terra, i tibetani che vivono lassù sono felici, si nutrono con i prodotti della loro terra, seguono il ritmo naturale delle cose, apprezzano la ricchezza del silenzio.

Si fa strada una soluzione per combattere lo stress di una vita troppo bombardata da messaggi pubblicitari e troppo sotto pressione; le persone capiscono il nesso tra cambiamento climatico, instabilità economica globale e la loro personale sofferenza – stress, solitudine, depressione – e in questa consapevolezza si inserisce la potenzialità di un movimento che potrebbe cambiare il mondo.

Società Partecipativa