INDIVIDUALISMO IMPERANTE

settembre 2nd, 2012

Oggi si assiste all’affermazione della libertà individuale senza alcun limite; la libertà si è trasformata in eccessivo amore di se stessi, in affermazione illimitata del proprio interesse con il desiderio di non subire alcuna limitazione da obblighi morali e di giustizia.
Ma come si è formata questa cultura? Come si è originato il culto per l’individuo?

A supporto della nostra ricerca si riporta un breve estratto di un discorso tenutosi nel Sud Dakota nel luglio del 1980 da Russell Means Charles (nato il 10 novembre 1939; è un Oglala Sioux, attivista per i diritti dei nativi americani. E’ diventato un importante membro dell’American Indian Movement – A.I.M.):

“The process began much earlier. Newton, for example, “revolutionized” physics and the so-called natural sciences by reducing the physical universe to a linear mathematical equation. Descartes did the same thing with culture. John Locke did it with politics, and Adam Smith did it with economics. Each one of these “thinkers” took a piece of the spirituality of human existence and converted it into code, an abstraction. They picked up where Christianity ended: they “secularized” Christian religion, as the “scholars” like to say- and in doing so they made Europe more able and ready to act as an expansionist culture. Each of these intellectual revolutions served to abstract the European mentality even further, to remove the wonderful complexity and spirituality from the universe and replace it with a logical sequence: one, two, three. Answer!

This is what has come to be termed “efficiency” in the European mind. Whatever is mechanical is perfect; whatever seems to work at the moment- that is, proves the mechanical model to be the right one- is considered correct, even when it is clearly untrue. This is why “truth” changes so fast in the European mind; the answers which result from such a process are only stopgaps, only temporary, and must be continuously discarded in favor of new stopgaps which support the mechanical models and keep them (the models) alive.

Hegel and Marx were heirs to the thinking of Newton, Descartes, Locke and Smith. Hegel finished the process of secularizing theology- and that is put in his own terms- he secularized the religious thinking through which Europe understood the universe. Then Marx put Hegel’s philosophy in terms of “materialism,” which is to say that Marx despiritualized Hegel’s work altogether.

The European materialist tradition of despiritualizing the universe is very similar to the mental process which goes into dehumanizing another person. And who seems most expert at dehumanizing other people? And why? Soldiers who have seen a lot of combat learn to do this to the enemy before going back into combat. Murderers do it before going out to commit murder. Nazi SS guards did it to concentration camp inmates. Corporation leaders do it to the workers they send into uranium mines and steel mills. Politicians do it to everyone in sight. And what the process has in common for each group doing the dehumanizing is that it makes it all right to kill and otherwise destroy other people. One of the Christian commandments says, “Thou shalt not kill,” at least not humans, so the trick is to mentally convert the victims into nonhumans. Then you can proclaim violation of your own commandment as a virtue. (..)”.

Il liberismo economico nasce con l’opera di Adam Smith (1723-1790) Indagine sulla Natura e le cause della ricchezza delle Nazioni”.

I presupposti filosofici del pensiero di Smith si ritrovano nell’utilitarismo e nell’individualismo, che sfociano, in campo economico, nel liberismo, cioè nella convinzione che l’Uomo debba essere lasciato libero da ogni intervento dello Stato nel perseguimento del proprio interesse.

Per Smith, infatti, in economia l’unica regola razionale é quella della logica del guadagno, che, essendo naturale, non può che essere benefico e, dunque, non sindacabile moralmente.

Secondo Smith, tra l’altro, tale regola riesce a creare una mirabile armonia tra gli interessi delle tre classi sociali: proprietari terrieri, capitalisti e lavoratori.

Smith, quindi, fu un fermo assertore del mercato concorrenziale, che se libero da inopportuni interventi statali avrebbe svolto una mirabile funzione equilibratrice, né il rischio della formazione di monopoli allontanò Smith dal suo ottimismo di fondo.

Smith vede nel principio della mano invisibile del mercato, e nell’amore di sé, gli elementi capaci di portare vantaggi personali e collettivi a un tempo. La ricerca edonistica del vantaggio privato viene a produrre, in definitiva, un utile per gli altri. L’individualismo si trasforma così nella condotta di vita migliore, anzi viene definito come il solo genere di vita conforme alla natura umana, e allo stesso tempo favorevole a uno sviluppo armonico della società.

Secondo Smith nella competizione l’ambizione individuale serve al bene comune: ognuno per sé; in sostanza in un sistema concorrenziale il miglior risultato si ottiene quando ciascun concorrente fa ciò che è meglio per sé.

I successivi economisti Edgeworth (1845-1926) e Jevons (1835-1882) trapiantano nell’economia di Smith l’utilitarismo di Bentham (1748-1832).

Bentham sosteneva che, una cosa o un’idea buona in sé, è utile al maggior numero possibile di persone. E come si può stabilire quando un’idea o una cosa lo è? Dagli effetti che produce. Dato che l’individuo agisce solo sulla base di due istinti primordiali: il piacere e il dolore, quando la maggioranza delle persone è contenta di esistere, allora vuol dire che le cose o le idee funzionano, cioè il parlamento fa buone leggi e la vita sociale viene condotta secondo criteri ottimali.

Sul piano economico tutte le sue idee furono condivise dal liberalismo economico del laissez -faire. Secondo Jevons la scienza economica è la “scienza dell’utilità”, mentre Edgeworth stabilisce che il primo principio dell’economia è: “ogni agente è mosso solo dal proprio interesse“.

La massimizzazione dell’utile individuale come fine in sé produce un’etica sociale solo di riflesso, come conseguenza naturale.

Secondo Bentham lo scopo dell’azione politica, dunque, è l’utilità, che sola può costituire anche il criterio con cui il legislatore può armonizzare libertà e coercizione. L’attività di governo deve quindi favorire, anche sul piano economico, l’egocentrismo, che non solo è naturale ed ineliminabile, ma anche razionale e desiderabile, perché la ricerca dell’utile individuale è la condizione primaria dell’utilità sociale, e quindi della felicità collettiva.

In questo sistema il profitto è il fine che giustifica i mezzi dell’individuo.

Lutilitarismo permette di vedere l’utilità di una guerra per l’acquisizione di petrolio, una guerra che subito poi si converte in giusta. Inoltre una razionalità utilitarista permette di vedere dove risiede il profitto, permette di individuare il mezzo più utile per accrescere il guadagno, esponenzialmente.

Questi sono alcuni dei presupposti culturali si cui si fonda la nostra attuale società dei consumi, idee economiche di grandissimo spessore se valutate nel contesto in cui si sono sviluppate. Siamo agli inizi della società mercantile, il mondo è visto come una gran forziere ricco di risorse da sfruttare per incrementare il proprio benessere.

Il mondo di oggi è molto diverso, le risorse non sono più viste come inesauribili e il loro sfruttamento ha generato sì benessere diffuso, ma anche molti danni, in alcuni casi irreparabili.

Gli studi economici successivi hanno però dimostrato che l’individualismo di Adam Smith va rivisto, dunque viene messo in discussione il presupposto economico-culturale su cui si poggia la società dei consumi!

Società Partecipativa