DAL CONSUMISMO ALL’EFFETTIVO BEN ESSERE

settembre 4th, 2012

Nelle sezioni precedenti si è parlato dello sviluppo del liberismo, e dei connotati che ha acquistato nella nostra società contemporanea (capitalismo consumistico), e della nascita dell’ideologia marxista.
Si è sottolineato l’aspetto innovativo e positivo del sorgere di ciascuno di questi movimenti: l’uno per aver introdotto l’idea che ciascuno di noi con il lavoro e il sacrificio è in grado di migliorare la propria condizione di vita; e l’altro per aver divulgato il pensiero della possibilità di creare una società più equa e paritaria.

Si è anche detto però che ogni specie animale, compreso l’essere umano, adatta i suoi moduli comportamentali al modificarsi dell’ambiente in cui vive in modo da far emergere, e trasmettere alle generazioni successive, le condotte più redditizie in quel determinato contesto e in quello specifico momento storico.

Ed è proprio sulla base di questo principio che noi riteniamo ormai non più rispondenti alle attuali esigenze dell’essere umano le ideologie sopra richiamate; i cicli di vita del capitalismo contemporaneo e del comunismo, così come lo è stato in passato per il feudalesimo, sembrano essere terminati.

Noi pensiamo sia arrivato il momento di iniziare a chiedersi quali altri strade possano essere percorse, di iniziare a valutare altri sistemi di organizzazione sociale capaci di meglio conciliarsi con le esigenze attuali.

Noi non siamo in grado di proporre modelli di sviluppo alternativi, saremmo presuntuosi se lo facessimo, però con il presente blog desideriamo diffondere l’idea che qualsiasi modello di sviluppo possa essere proposto in alternativa al consumismo contemporaneo o al comunismo, debba necessariamente fondarsi sul collaborazionismo e la partecipazione; solo seguendo questa via si potrebbe veramente parlare di progresso e di evoluzione della nostra specie.

Ogni altra strada costituirebbe un regresso della specie mettendone a rischio la stessa sopravvivenza. La teoria di Boyd e Richerson ricordata nella sezione precedente Natura ed essere umano, circa la maggior probabilità di sopravvivenza degli elementi altruisti rispetto ai non altruisti all’interno di una determinata specie, sembra avvalorare questa tesi.

Noi riteniamo sia un’evoluzione per la nostra specie sostituire alle idee di contrapposizione e conflittualità, insite nei modelli sociali di stampo consumista e comunista (in un caso espresse dalla concorrenza prevaricatrice dell’uno contro l’altro, dalla competizione esasperata, nell’altro caso dal conflitto, non più tra individui, ma fra classi sociali, visto come passaggio catartico per arrivare alla società perfetta), l’idea di partecipazione collaborativa.

Al posto dunque della contrapposizione fondata sull’odio, sul desiderio di prevaricare l’altro, bisognerebbe diffondere il rispetto per il prossimo e per la Natura circostante.

Si giunge ad analoga conclusione anche seguendo un’altra strada, cioè valutando se il nostro stile di vita genera felicità diffusa.

La nostra cultura consumistica diffonde l’idea che la ricchezza materiale generi benessere psico-fisico in chi la detiene. Nei fatti però non sembra che le cose vadano in questa direzione.

Un recente rapporto dell’Unicef – Innocent Reserch Centre – afferma che “Non esiste un’evidente relazione tra i livelli di benessere dei bambini e il Pil pro capite. Per esempio, nella graduatoria generale sul benessere dei bambini la Repubblica Ceca si piazza meglio rispetto ad altri paesi molto più ricchi, come la Francia, l’Austria, gli Stati Uniti ed il Regno Unito”. Ed ancora il sociologo Richard Sennett: “Una volta soddisfatte le necessità fisiche più basilari, l’incremento di ricchezza di un paese non si traduce in vantaggio sociale”. Uno studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità rileva che la depressione ha raggiunto proporzioni epidemiche, nel mondo sviluppato ne soffre quasi un quarto della popolazione ed il 15% di questi assume farmaci per combatterla. Dato sconcertante è che il 6% dei bambini statunitensi (ben 3,5 milioni) assume farmaci contro la sindrome depressiva.

Che il denaro non faccia la felicità sembra essere un opinione sempre più diffusa anche tra politici ed economisti.

Il primo politico di rilievo ad esprimere un opinione di questo tipo fu Robert Kennedy nel suo celebre discorso all’Università del Kansas il 18 marzo 1968: Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni.”. E poi prosegue riferendosi all’indicatore  del benessere di un paese utilizzato nella nostra società moderna, il PIL: “Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow-Jones, nè i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo. Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgomberare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana. Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell’equità nei rapporti fra di noi. Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull’America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani.”.

Più recentemente è stato David Cameron, primo ministro britannico, a tornare sulla questione che il benessere di un paese non possa essere misurato soltanto dal suo prodotto interno lordo: “dobbiamo concentrarci non solo sul prodotto interno lordo, il benessere non può essere calcolato unicamente in termini di soldi, il benessere dipende anche dalla qualità della nostra cultura e dalla forza delle nostre relazioni”. Cameron ha quindi proposto di introdurre un nuovo indicatore con cui valutare non la ricchezza, bensì la felicità di un paese: il GWP ossia General Well-being Product. In Italia trasformato in FIL, Felicità Interna Lorda, inteso come benessere sociale, personale e culturale, gioia di vivere e di divertirsi.

Nel 2008 è stato un altro leader politico, Nicolas Sarkozy, a percorrere una strada analoga insediando una Commissione sulla valutazione delle prestazioni economiche e del progresso sociale con il compito di studiare nuove misure della ricchezza più attente al benessere delle persone. Gli studi di questa Commissione sono stati peraltro coordinati da tre economisti di prestigio internazionale: Jean Paul Fitoussi, Joseph Stiglitz (premio Nobel per l’economia nel 2001) ed Amartya Sen (premio Nobel per l’economia nel 1998).

Il citato economista Amartya Sen contesta la tendenza delle scienze economiche a concentrarsi soltanto sui redditi, la ricchezza e la soddisfazione di interessi puramente utilitaristici. E’ necessario considerare anche l’aspettativa di vita, la possibilità di sottrarsi a malattie, la facilità di trovare un impiego, l’insediamento in una comunità pacifica con basso tasso di criminalità. Si può pertanto parlare di sviluppo economico non esclusivamente in termini quantitativi di aumento del reddito, ma in termini qualitativi di miglioramento della qualità della vita.

Il più giovane premio Nobel per l’economia, Kenneth Arrow, insignito dell’onorificenza nel 1972, ha criticato apertamente l’attuale modello di mercato in quanto attento solo all’equilibrio tra domanda ed offerta. Così facendo si pone l’accento sull’egoismo individuale, sulla massimizzazione dell’interesse personale, sul ruolo degli individui impegnati a perseguire il massimo vantaggio personale.

David Brooks, autore del libro The Social Animal, parla in questi termini a proposito del rapporto fra attuale stile di vita e felicità: “Il rapporto tra denaro e felicità è molto tenue, mentre il rapporto tra relazioni personali e felicità è incredibilmente forte. Così se si riesce ad entrare in un gruppo di persone che si riunisce una volta al mese, questo produce lo stesso guadagno in felicità di un raddoppio del proprio reddito”. L’autore fa presente che la ricerca scientifica sulla felicità è arrivata alla conclusione che gli esseri umani di oggi attribuiscono troppa importanza al denaro, al lavoro e alla casa, mentre sottovalutano enormemente il valore delle relazioni personali. I dati raccolti evidenziano che chi è impegnato in una relazione sentimentale di lunga durata è molto più felice rispetto alle persone sole; un matrimonio felice può dare un beneficio psichico paragonabile a quello di uno stipendio annuo di 74mila euro!

Società Partecipativa